Cronaca Guardie Zoofile SOS Animali Bracconaggio, l’allarme Lombardia: “La politica lo incentiva, questa legge aggrava il fenomeno.” Di PetNews24 Scritto: 24 Novembre 2025 8 minuto/i di lettura Le Prealpi tra Lombardia e Veneto sono uno dei peggiori hotspot di bracconaggio in Europa. Qui, il business criminale prospera: si uccidono a fucilate specie protette, si rubano i pulli dai nidi per venderli come richiami vivi e si alimenta il traffico illecito di fauna selvatica. La gravità del fenomeno è evidente: pochi giorni fa, due rarissimi ibis eremita, giunti dall’Austria e monitorati con GPS, sono stati abbattuti a fucilate a Dubino, in provincia di Sondrio. I dati confermano che il bracconaggio è in crescita, mentre la politica – a livello nazionale e regionale – non solo si nasconde, ma, con le sue azioni, incentiva di fatto questo crimine. Il Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS) di Valpredina (Oasi WWF, Cenate Sopra, Bergamo) è il punto nevralgico dove arrivano gli animali vittime del bracconaggio. Il responsabile, Matteo Mauri, ha denunciato in Regione un fenomeno in forte crescita e mai visto in queste proporzioni: a stagione venatoria in corso, si registra un +52% di animali protetti uccisi rispetto al 2024. Non stupisce che il 91% delle morti certificate avvenga proprio nei mesi di caccia. L’escalation del bracconaggio sembra incentivata dal quadro normativo. Negli ultimi dieci anni, la legge regionale è stata modificata 28 volte per liberalizzare l’attività venatoria e, in alcuni casi, per complicare i controlli. Esempi di queste modifiche includono l’obbligo per le guardie venatorie di indossare “capi ad alta visibilità” e la recente grande sanatoria sui richiami vivi. Oltre ai decessi, si contano le migliaia di uccelli sequestrati alle forze dell’ordine, spesso destinati all’uso illegale come richiami vivi. La portata del fenomeno è confermata annualmente dall’Operazione Pettirosso dei Carabinieri Forestali (SOARDA). I risultati dell’ultima operazione, condotta in poche settimane tra le province di Brescia, Bergamo, Mantova, Padova, Venezia, Verona e Vicenza, sono impressionanti: 135 persone denunciate e il sequestro di 2.467 uccelli (appartenenti a specie cacciabili, protette e particolarmente protette). A ciò si aggiungono 1.110 dispositivi illegali, 135 armi da fuoco, 13.330 munizioni e 73 confezioni di farmaci dopanti usati per alterare il canto dei richiami. Questi dati, sebbene svelino solo la punta dell’iceberg, evidenziano la vasta e profonda dimensione criminale del bracconaggio. Domenico Aiello (Responsabile Tutela giuridica della natura del WWF Italia e membro della cabina di regia MASE) ha lanciato un forte allarme al Pirellone: “Dietro il bracconaggio non ci sono più solo singoli individui, ma vere e proprie organizzazioni criminali che hanno capito che investire in questo settore significa fare affari d’oro rischiando pochissimo”. Secondo Aiello, la sottovalutazione della gravità del fenomeno — che danneggia la biodiversità, la salute umana e l’economia legale — rende inefficaci tutti gli strumenti di prevenzione e repressione, dai controlli alle sanzioni. Il ruolo cruciale spetta alla politica, che deve smettere di cedere alle pressioni delle lobby venatorie e di ridurre i controlli. Al contrario, deve agire con senso di responsabilità, tutelando gli interessi comuni e i principi costituzionali, invece di “demolire via via la tutela della fauna selvatica”, come hanno fatto molte Regioni. La riforma più allarmante a livello nazionale è il Disegno di Legge Malan, promosso da Lollobrigida per stravolgere la legge sulla caccia (L. 157/92). La preoccupazione maggiore è che il testo non preveda alcuna misura per contrastare il bracconaggio. Inoltre, numerosi emendamenti del Centrodestra mirano a peggiorare la situazione: si va dalla proposta di caccia a specie protette o in cattivo stato di conservazione, all’imposizione per le guardie venatorie di operare solo in presenza delle forze dell’ordine (rendendo i controlli infattibili), fino alla potenziale apertura della caccia per dodici mesi all’anno. La deputata del PD Eleonora Evi ha definito il DDL Malan un “intervento pericoloso e gravissimo” che “toglie protezione alla fauna selvatica” e genera “un forte allarme” sociale. Evi ha infine rimarcato come la politica lombarda, come nel caso dei valichi montani, spesso anticipi le tendenze legislative nazionali. La consigliera del M5S, Paola Pollini, ha confermato che “i dati confermano l’aumento del bracconaggio”, definendolo un “fenomeno radicato e organizzato” che devasta l’ecosistema. Ha criticato duramente le politiche regionali e governative che, anziché contrastarlo, “indeboliscono i presidi di tutela ambientale e allargano le maglie normative”. Pollini ha chiesto un cambio di rotta immediato, con nuove leggi, investimenti e tutela per chi opera nei controlli, poiché “Il bracconaggio non cala perché non lo si contrasta adeguatamente”. Un concetto ribadito da Michela Palestra (Patto Civico), secondo cui si sta spostando “sempre un po’ più in là l’asticella dell’impunità”. Palestra ha concluso che ormai “c’è una precisa intenzione” politica nell’attaccare l’ambiente e la biodiversità, ovvero quello che la legge definisce “patrimonio indisponibile dello Stato”.