
Il 27 febbraio segna il ritorno della Giornata Internazionale dedicata all’orso polare, una specie iconica che simboleggia gli impatti della crisi climatica sulla biodiversità. L’habitat dell’orso polare, costituito dal ghiaccio marino artico, sta subendo una riduzione sia in estensione che in spessore a una velocità senza precedenti. Questa diminuzione compromette l’importante ruolo dello “schermo bianco” nel riflesso dell’energia termica nello spazio, svolgendo così un ruolo fondamentale nella regolazione del clima del nostro Pianeta.
La fusione del permafrost terrestre e della banchisa polare sta causando una accelerazione drammatica nell’emissione di gas climalteranti nell’atmosfera. Al contempo, questa fusione sta riducendo anche l’effetto benefico che la vasta distesa glaciale artica ha sul clima globale. I più recenti studi confermano un aumento della temperatura nell’Artico significativamente superiore alla media mondiale. Alcune regioni registrano un incremento fino a 2.7°C ogni dieci anni, un valore che supera di 5-7 volte il tasso di crescita globale della temperatura.
Con la diminuzione dei ghiacci, le tradizionali zone di caccia degli orsi polari si riducono drasticamente. Di conseguenza, questi magnifici animali perdono peso fino a correre il rischio di morire di fame, mettendo a serio rischio anche la loro fertilità. Nonostante gli sforzi degli orsi nel trovare nuovi adattamenti, come cacciare uccelli anziché foche, che sono le loro prede abituali sulla banchisa polare, o nel ridurre i consumi energetici attraverso un “letargo” estivo e una limitazione degli spostamenti, la situazione rimane critica.