Ambiente Attualità Mondo Come il cambiamento climatico influenza gli spostamenti degli animali in Italia. Di PetNews24 Scritto: 5 Settembre 2024 5 minuto/i di lettura Agosto 2017: un’ondata di caldo investe l’Italia, e molte aree soffrono una grave scarsità d’acqua. Esausto per il caldo torrido e rattristato dagli alberi già ingialliti per la siccità, decido di cercare un po’ di refrigerio in montagna. Insieme a un amico, scegliamo il monte Falterona, situato nell’Appennino tosco-romagnolo, una zona rinomata per le sue foreste rigogliose, i paesaggi mozzafiato e il clima piacevole anche durante l’estate. Salendo di quota, il calore inizia a diminuire, ma resta la sensazione che sia comunque troppo intenso per quelle altitudini. Giunti intorno ai 1.550 metri, il silenzio delle faggete e degli abeti viene improvvisamente interrotto dal canto di una cicala. Quel suono, così insolito in quel contesto, ci sorprende al punto da spingerci a registrarlo. Anche l’insetto simbolo delle estati mediterranee ha deciso di spingersi sempre più in alto, non per sfuggire al caldo, ma per seguirlo ben oltre i confini naturali a cui era abituato. Le cicale, come molti altri insetti, sono estremamente sensibili alla temperatura e modificano il loro areale, l’area in cui vivono, in base alle variazioni climatiche. L’estate del 2017 è stata la mia prima esperienza diretta della presenza di cicale in montagna, un fenomeno che da allora si ripete ogni anno, diventando quasi un’abitudine a cui non prestiamo più attenzione. Nell’estate del 2023, il caratteristico “canto” delle cicale è stato documentato sul monte Baldo, tra Trentino e Veneto, a un’altitudine di 1.700 metri, e nell’agosto del 2024, lo stesso suono ha risuonato sui crinali più alti dell’Appennino pistoiese. Le cicale sono solo una delle molte specie di insetti e animali che, come l’uomo, cercano di adattarsi ai cambiamenti climatici. Alcune specie fuggono dal caldo anomalo, mentre altre ne approfittano per espandere il proprio habitat, con effetti negativi sia a livello ecologico, riducendo la biodiversità, che sanitario, portando con sé nuovi patogeni. Ad esempio, alcuni tipi di zecche, note per trasmettere malattie anche gravi, stanno estendendo il loro areale e la stagione in cui parassitano gli ospiti. Non tutti gli animali che colonizzano i nuovi spazi creati da questo innaturale aumento delle temperature sono “benigni”: molti sono altamente competitivi e dannosi per gli ecosistemi. Un’eccezione è il geco, un “invasore” simpatico e innocuo, che negli ultimi 20 anni è diventato una presenza stabile in zone d’Italia dove prima non esisteva, come la Val Padana, le montagne del Carso e le colline interne dell’Italia centrale. Decisamente preoccupanti per gli equilibri ecosistemici sono invece le specie marine provenienti dal Mar Rosso, che ormai raggiungono il Mediterraneo. A differenza del passato, oggi trovano un ambiente favorevole alla loro diffusione, mettendo a rischio la biodiversità locale e alterando gli ecosistemi marini. Il pesce coniglio, ad esempio, è ormai una presenza stabile e indesiderata nella parte sudorientale del Mediterraneo, dove la sua voracità sta causando la desertificazione dei fondali, divorando le alghe che li ricoprono. Il pesce scorpione, sempre più comune nei mari del Sud Italia, è un predatore efficace di specie autoctone e non ha rivali naturali che ne controllino la diffusione. Il pesce palla maculato, invece, è altamente tossico e può infliggere morsi dolorosi, rappresentando un ulteriore pericolo per l’ecosistema e per l’uomo.