Ambiente Cronaca SOS Animali Chernobyl. La convivenza di animali e piante con le radiazioni nella “zona di alienazione”. Di PetNews24 Scritto: 26 Aprile 2024 3 minuto/i di lettura Nel 1986, a seguito dell’incidente nella centrale nucleare di Chernobyl e della crescente incontrollabilità della situazione, le autorità evacuarono la città di Prip”jat’ e istituirono una “zona di alienazione” entro un raggio di 30 km dalla centrale. Tutti i residenti furono trasferiti, mentre gli animali randagi presenti nella città furono abbattuti per impedire loro di allontanarsi verso zone più remote e potenzialmente trasportare con sé materiali radioattivi. Da allora, la presenza umana nella zona è rimasta minima a causa del rischio derivante dai materiali radioattivi, in particolare dal cesio-137 e lo stronzio-90, che si sono accumulati nel suolo a seguito della distruzione del reattore n°4. Tuttavia, nel corso degli anni, i randagi sfuggiti ai controlli e gli animali selvatici hanno colonizzato nuovamente l’area e sembrano prosperare, con popolazioni di grandi mammiferi che competono con quelle dei parchi naturali di questa regione d’Europa. Chernobyl si è trasformata in una sorta di paradiso naturale, ma sorgono domande sulla salute della flora e della fauna locali: le conseguenze del disastro persistono ancora? Dopo l’incidente e il conseguente rilascio di materiale radioattivo, l’impatto negativo sulle piante e gli animali è stato evidente. Le estese foreste di conifere della zona hanno subito gravi danni a causa delle radiazioni, soprattutto negli alberi più vicini alla centrale nucleare. Questi alberi hanno manifestato segni visibili di stress, come cambiamenti nella colorazione della corteccia che assumeva sfumature rossastre, prima di morire. Questo fenomeno ha portato alla formazione della nota “Foresta Rossa”. Anche se alcune specie di alberi hanno dimostrato una maggiore resistenza alle radiazioni, gli effetti si ripercuotono ancora oggi sui microrganismi e sulle specie coinvolte nella decomposizione della materia organica. La lenta velocità di degradazione aumenta il rischio di incendi nelle aree più radioattive, potenzialmente causando il rilascio nell’atmosfera dei radionuclidi accumulati nel terreno.