Home Animali marini Come i pesci identificano gli umani: un’incredibile capacità visiva.

Come i pesci identificano gli umani: un’incredibile capacità visiva.

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Un esperimento sorprendente condotto in Corsica dall’Istituto Max Planck ha rivelato che i pesci selvatici sono capaci di riconoscere le persone basandosi sul loro aspetto. La ricerca, svolta in mare aperto vicino alla stazione Stareso di Calvi, ha coinvolto pesci abituati alla presenza dei ricercatori, che hanno partecipato volontariamente senza alcuna costrizione.

L’esperimento si è svolto in due fasi. Inizialmente, la ricercatrice Katinka Soller ha trascorso 12 giorni in immersione, addestrando con successo 20 orate a seguirla in cambio di cibo. La costanza dei pesci, che si presentavano regolarmente alle sessioni, ha permesso a Soller di riconoscerli individualmente, arrivando persino a dare loro dei nomi. Successivamente, Soller si è immersa insieme al collega Maelan Tomasek. I due, indossando mute e pinne leggermente diverse, hanno nuotato in direzioni opposte. I pesci hanno rapidamente imparato a seguire Soller, attratti dalla ricompensa, dimostrando così di riconoscerla specificamente e non di seguire semplicemente il gruppo.

L’esperimento ha rivelato che le orate non erano più in grado di distinguere i ricercatori quando questi indossavano la stessa attrezzatura subacquea. Questo suggerisce che i pesci avevano imparato a identificare i subacquei attraverso le differenze visive dell’attrezzatura, in particolare i colori. Come afferma Tomasek, “La visione a colori è comune nei pesci, quindi è logico che le orate abbiano utilizzato le macchie di colore per riconoscere i singoli subacquei”.

Proprio come noi umani, anche i pesci si adattano alle difficoltà di riconoscimento sott’acqua. “Sotto le maschere, i volti diventano irriconoscibili, quindi ci affidiamo all’attrezzatura per identificarci”, afferma Soller. Secondo i ricercatori, è possibile che le orate abbiano gradualmente sviluppato la capacità di notare dettagli umani più fini, come i capelli o le mani, per distinguere i subacquei. “Li abbiamo osservati mentre studiavano i nostri volti e corpi”, aggiunge Soller. “Era come se i ruoli si fossero invertiti: eravamo noi a essere osservati”.

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